“Può contenere tracce di” oppure “prodotto in uno stabilimento che utilizza anche” sono diciture sempre più presenti sulle etichette dei prodotti alimentari, seguite da un elenco variabile di ingredientiche può comprendere frutta a guscio, latte, uova, soia, lupini, arachidi, cereali contenenti glutine e molto altro. La diffusione di queste indicazioni va di pari passo con il forte aumento delle allergie alimentari, dove il responsabile non è un cibo nella sua interezza, ma una o più molecole presenti al suo interno. Oggi infatti, per accertare il problema, non basta più fermarsi “alla pelle”, cioè verificare se una sostanza provoca o meno una reazione cutanea: «I nuovi test diagnostici consentono di identificare le componenti molecolari specifiche, che possono anche essere differenti all’interno dello stesso alimento», spiega il professor Mario Di Gioacchino, specialista in Allergologia e Immunologia clinica, presidente della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica. Si tratta di un approccio innovativo che permette di rendere più precisa e accurata la diagnosi abbozzata con l’iniziale test cutaneo (prick test) e con il dosaggio delle IgE specifiche (Rast test), unendo alle tradizionali conoscenze cliniche quelle sempre più avanzate della biochimica applicata al funzionamento del sistema immunitario.

LEGGI IL PDF COMPLETO DELL’ARTICOLO QUI SOTTO

IJC2ZP