Il percorso diagnostico nei pazienti con mastocitosi senza lesioni cutanee…dal sospetto alla diagnosi di precisione

La mastocitosi è una malattia rara caratterizzata da una eccessiva proliferazione di mastociti in diversi organi e tessuti. La mastocitosi è generalmente causata da una mutazione nel gene KIT che codifica per un recettore presente sulla superficie dei mastociti, la cui funzione influenza la crescita e l’attivazione di queste cellule. La mastocitosi non è una malattia ereditaria ed sono rari i casi di forme familiari.
La mastocitosi è una malattia associata a fenotipi clinici variabili e può presentarsi sia nei bambini che negli adulti, con quadri clinici profondamente differenti tra loro.

In età pediatrica vi è quasi sempre un esclusivo interessamento cutaneo con lesioni
caratteristiche. Queste lesioni possono essere facilmente riconosciute e distinte da altre condizioni patologiche per la presenza di un segno specifico, chiamato segno di Darier, che consiste nella formazione di un pomfo dopo sfregamento della lesione
cutanea. Nei bambini la mastocitosi ha quasi sempre un decorso benigno con buona probabilità di regressione delle manifestazioni cliniche in età adolescenziale.

Nell’adulto la situazione è più complessa in quanto, oltre all’interessamento cutaneo, peraltro non sempre presente, vi è spesso infiltrazione di mastociti in altri organi, ad esempio nel midollo osseo.

La diagnosi di mastocitosi negli adulti spesso è tardiva per la scarsa conoscenza e per la rarità della patologia, ma anche perché le manifestazioni cliniche possono essere molto sfumate o spesso del tutto assenti. Il ritardo diagnostico può essere ancora maggiore nei pazienti senza le tipiche lesioni cutanee, che rappresentano circa il 15-30% di tutti i casi di mastocitosi. In questa particolare categoria di pazienti, la diagnosi si basa solitamente su manifestazioni cliniche particolari ma al tempo stesso molto eterogenee, frequentemente dovute al fatto che i mastociti possono rilasciare specifiche sostanze, tra cui l’istamina, la triptasi, e molti altri mediatori chimici. Tali mediatori possono causare molti sintomi, tra cui sintomi cutanei (orticaria, prurito, flushing), e gastrointestinali, osteoporosi ed anafilassi.

L’anafilassi è considerata una reazione di ipersensibilità sistemica potenzialmente pericolosa per la vita del paziente caratterizzata dall’insorgenza acuta di sintomi che derivano da un coinvolgimento multiorgano con sintomi come orticaria, prurito, sintomi gastrointestinali, broncospasmo, ipotensione e/o sincope. Nei pazienti senza lesioni cutanee, gli episodi di anafilassi sono frequenti e spesso scatenati dal veleno di imenotteri. In questi casi, il veleno di imenotteri può attivare i mastociti direttamente con un meccanismo di tipo non mediato dalle IgE. Gli episodi di anafilassi che si registrano nei pazienti con mastocitosi sono spesso contrassegnati da una particola severità e dalla presenza preponderante del coinvolgimento cardiovascolare con sincope/pre-sincope.
Il dosaggio della triptasi sierica rappresenta uno strumento importante per la diagnosi di mastocitosi. La triptasi sierica è una serin-proteasi secreta quasi esclusivamente dai mastociti, per cui il riscontro di livelli stabilmente elevati di triptasi può indicare la presenza di una patologia del mastocita. Tuttavia la valutazione della triptasi ha dei limiti poiché, oltre che nella mastocitosi, la triptasi può essere aumentata in altre condizioni tra cui l’insufficienza renale cronica, alcune malattie mieloproliferative e nell’alpha-triptasemia familiare. Quest’ultima è una condizione patologica di recente identificazione caratterizzata dalla presenza di multiple copie del gene che codifica per l’alpha triptasi.

Esistono dei sistemi di score validati che consentono di predire la probabilità di diagnosticare la mastocitosi nei pazienti con sintomi riferibili all’attivazione mastocitaria, ad esempio nell’anafilassi. Tra questi il REMA score è quello maggiormente utilizzato e consiste nell’assegnazione di un punteggio in relazione ai eguenti parametri: sesso (+ 1 in caso di sesso maschile), livelli sierici di triptasi (+2 per una triptasi sierica > 25 mcg/L), assenza di sintomi cutanei durante l’episodio acuto di anafilassi (+1 punto), e dalla presenza di sincope e/o presincope (+ 3 punti). Un punteggio REMA superiore o uguale a 2 si associa ad una alta probabilità che il paziente abbia la mastocitosi per cui il paziente dovrebbe essere sottoposto a biopsia osteomidollare, che rappresenta l’esame per ottenere la diagnosi definitiva di mastocitosi sistemica. La biopsia midollare dovrebbe essere eseguita in centri di riferimento altamente specializzati, poiché è necessario eseguire l’analisi immunostochimica con anticorpi specifici (triptasi, CD117, CD25, CD2, CD30) e l’esame citofluorimetrico del midollo osseo con tecnica multiparametrica. Inoltre deve essere in tutti i casi ricercata la mutazione di KIT ed, in casi selezionati, altre mutazioni aggiuntive del pannello mieloproliferativo con tecniche di PCR ultrasensibili. Considerata la rarità della patologia, sarebbe auspicabile che questi esami diagnostici vengano eseguiti in centri di riferimento con una particolarecesperienza in materia.

Autore: Dr.ssa Roberta Parente

Presentazione clinica e caratteristiche

Il dermografismo anche conosciuto come orticaria dermografica o orticaria factitia è un’eruzione cutanea che si verifica a seguito di pressione, trauma o sfregamento della cute. È la più comune forma di orticaria inducibile/fisica e si può riscontrare nel 2-5% della popolazione.  Si presenta spesso nei giovani adulti con il picco di incidenza nella seconda e terza decade e, secondo alcuni studi, una prevalenza nel sesso femminile.

Il nome deriva letteralmente da “scrivere sulla pelle” e si riferisce alla comparsa di lesioni rosse in rilievo che riproducono la forma dello stimolo applicato sulla cute e si rialzano in proporzione alla sua forza.

Il pomfo o le strie in rilievo si sviluppano in circa 5-10 minuti e persistono per poco tempo, in genere dai 15 ai 30 minuti, per poi scomparire senza lasciare traccia. Solo una modesta percentuale dei pazienti con dermografismo è sintomatica ossia avverte prurito, formicolio o bruciore della pelle.

La causa del dermografismo è sconosciuta, ma è noto che il rilascio di istamina ed altre sostanze contenute nelle cellule della cute chiamate mastociti siano coinvolte nel produrre i sintomi. Il dermografismo è stato osservato in associazione ad altre patologie metaboliche (es. diabete, ipertiroidismo, ipotiroidismo), o in alcune condizioni quali menopausa o gravidanza. Nei bambini atopici con aumento del numero degli eosinofili nel sangue è più frequente il riscontro di dermografismo; inoltre si presentare in un’elevata percentuale di persone che hanno subito eventi traumatici o stress psicologici.

Tra le forme di dermografismo secondario ad altre patologie i dati più significativi lo associano all’infezione da Helicobacter pylori, all’utilizzo di antibiotici (es. penicilline) o alla scabbia. Infine, il dermografismo sintomatico congenito è il segno di presentazione di una patologia rara che si chiama mastocitosi sistemica.

 

Trattamento

Dal momento che il dermografismo è asintomatico nella maggior parte dei pazienti la terapia farmacologica andrebbe limitata solo a coloro che avvertono fastidio in associazione con le manifestazioni.

L’evitamento degli stimoli scatenanti e la diminuzione dei fattori che provocano stress sono molto importanti per il suo miglioramento. Il trattamento di prima scelta nei pazienti con sintomi sono gli antistaminici. Per le forme non responsive agli antistaminici il farmaco anti-IgE (omalizumab), già ampiamente utilizzato nell’orticaria cronica spontanea, ha mostrato negli studi clinici, un’efficacia significativa.

 

Diagnosi differenziale e prognosi

La diagnosi di dermografismo è clinica e la manovra di provocazione delle manifestazioni può essere facilmente riprodotta durante la visita. Possono simulare un dermografismo altre condizione che tuttavia si differenziano da esso per alcune caratteristiche di presentazione. Nella dermatite allergica da contatto è possibile identificare un dermografismo bianco. Anche nell’allergia al lattice si possono riscontrare lesioni dermografiche che tuttavia compariranno solo nelle sedi cutanee di contatto con gli oggetti in lattice. Infine nella mastocitosi è possibile riscontrare un segno tipico denominato “segno di Darier”, ossia un gonfiore, prurito e rossore che si scatena in risposta alla pressione applicata sulla pelle.

Il dermografismo è una condizione benigna accompagnata in una minoranza di casi, da sintomi fastidiosi, tra cui il principale è, come già detto, il prurito. Rispetto alle altre forme di orticaria cronica, il dermografismo sintomatico mostra a distanza di 5-10 anni percentuali di risoluzione più elevate e minore durata della patologia.

 

Educazione del paziente

Il dermografismo, anche se privo di complicanze, può avere un elevato impatto sulla qualità di vita del paziente. Tuttavia, i pazienti devono esserne adeguatamente informati sul fatto che si tratta di una condizione benigna con alta probabilità di risoluzione spontanea. I farmaci antistaminici utilizzati per il trattamento possono provocare effetti collaterali, seppur raramente tra cui il principale è la sonnolenza.

BIBLIOGRAFIA

 

 

 

 

Definizione e caratteristiche

L’orticaria cronica inducibile (CIndU) è una condizione infiammatoria della pelle caratterizzata dalla ricorrenza di pomfi (lesioni solide, rilevate rispetto al piano cutaneo, percepibili al tatto, transitorie)pruriginosi e/o angioedema (edema del derma profondo e dei tessuti sottocutanei)che dura più di 6 settimane ed è indotta da specifici stimoli come il freddo, il calore, l’esercizio, la pressione, la luce solare, le vibrazioni e l’ acqua.

Nella gran parte dei casi pomfi e/o angioedema insorgono pochi minuti dopo l’esposizione al fattore scatenante. I pomfi sono associati a prurito, mentre l’angioedema più di frequente a bruciore e dolore.

La sintomatologia sistemica (difficoltà respiratorie, vomito, lipotimia) è rara ma possibile, in particolare nell’orticaria da freddo e in quella colinergica.

Le varie forme di orticaria inducibile sono:

L’orticaria cronica inducibile ha una prevalenza stimata nella popolazione generale di circa lo 0,5% e una maggior frequenza nel sesso femminile.

In termini di frequenza, i tipi più comuni di orticaria cronica inducibile sono il dermografismo, l’orticaria colinergica e l’orticaria ritardata da pressione. La coesistenza di più forme nello stesso individuo (forme cosiddette miste) è possibile.

Diagnosi e diagnosi differenziale

La diagnosi di orticaria cronica inducibile può essere posta in base alla storia del paziente e ai risultati dei test di provocazione. In tutti i pazienti con una storia suggestiva di CIndU, la diagnosi dovrebbe essere confermata con un test di provocazione.

I pazienti con CIndU possono sviluppare, seppur raramente, segni e sintomi sistemici durante il test di provocazione, pertanto il test di provocazione dovrebbe essere effettuato solo da medici addestrati ed esperti nel trattamento di emergenza di reazioni allergiche severe e in strutture adeguatamente attrezzate.

Per la maggior parte dei sottotipi di CIndU sono disponibili degli strumenti convalidati per eseguire i test di provocazione.

Antistaminici e glucocorticosteroidi dovrebbero essere sospesi rispettivamente almeno 3 e 7 giorni prima del test di provocazione.

Nelle orticarie inducibili non sono generalmente indicate indagini ematochimiche, tranne nei casi in cui risultino utili per escludere altre malattie simili.

Trattamento

Le orticarie croniche inducibili hanno spesso un impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, che devono stare attenti, quando possibile, ad evitare i fattori scatenanti.

Gli antistaminici sono solitamente efficaci per ottenere il controllo dei sintomi.

Nei casi resistenti sono stati utlizzati farmaci immunosoppressivi o biologici.

 

References:

  1. Chronic inducible urticaria: classification and prominent features of physical and non-physical types
  2. How to Approach Chronic Inducible Urticaria Marcus Maurer, MDa , Joachim W. Fluhr, MDa and David A. Khan, MDb B
  3. Diagnosis and treatment of chronic inducible urticaria
  4. Sánchez-Borges et al. World Allergy Organization Journal (2021) 14:100546

http://doi.org/10.1016/j.waojou.2021.100546

  1. The international EAACI/GA²LEN/EuroGuiDerm/APAAACI guideline for the definition, classification, diagnosis, and management of urticaria
  2. Magerl M, Altrichter S, Borzova E, Gimenez-Arnau A, Grattan CEH, Lawlor F, Mathelier-Fusade P, Meshkova RY, Zuberbier T, Metz M, Maurer M. The definition, diagnostic testing, and management of chronic inducible urticarias – The EAACI/GA2LEN/EDF/UNEV consensus recommendations 2016 update and revision. Allergy 2016; 71: 780–802.

La dermatite da contatto (DC) è una reazione infiammatoria della pelle ad andamento acuto, subacuto o cronico-recidivante (1).
La causa della DC è rappresentata dal contatto con agenti ambientali di varia natura, anche in ambito professionale.

Tale contatto può realizzarsi per via esterna sia diretta che attraverso l’aria (aeromediato). La fascia di età più colpita è quella tra i 40 ed i 45 anni senza distinzioni di sesso.

Il quadro clinico della DC è molto vario e dipende dalle modalità di contatto, dall’agente causale, dalla predisposizione individuale, dalle sedi cutanee interessate, dalla presenza di dermatiti preesistenti e da fattori ambientali (1).

Distinguiamo due forme di DC: quella irritativa (DIC) e quella allergica (DAC) (2).

La dermatite da contatto irritativa (DIC) è la forma più comune, ed è caratterizzata da lesioni limitate all’area del contatto diretto con l’agente causale (3).

Gli irritanti più frequentemente coinvolti sono detergenti, surfattanti, emulsionanti, alcali, acidi, olii, solventi, acqua. Può manifestarsi anche al primo contatto con la sostanza irritante ed essere acuta o cronica.

La forma acuta (per contatto singolo o più contatti di breve durata con l’irritante) può provocare eritema, edema, papule, vescicole e bolle e le lesioni si susseguono una dopo l’altra sulla pelle nello spazio di più giorni (“metacronia”).
La forma cronica si manifesta con secchezza, fissurazioni (tipico è l’esempio dell’eczema secco della casalinga), ispessimento della pelle e ragadi.

Le mani sono la sede più colpita ed è in genere presente bruciore, talora associato a prurito.

La dermatite da contatto allergica (DAC) si sviluppa invece per sensibilizzazione allergica (reazione di IV tipo) nei confronti di vari agenti esterni (3,4). La prima fase della sensibilizzazione dura circa 5-7 giorni e non si associa a manifestazioni cliniche. La seconda fase si verifica in soggetti sensibilizzati e compare dopo 12-48 ore dall’esposizione all’agente causale, con comparsa delle lesioni sulla pelle. Inizialmente queste compaiono in sede di contatto con l’agente causale (fatto che aiuta nell’individuarlo) e poi -a differenza della DIC- le manifestazioni possono diffondersi anche in altre sedi o avere localizzazioni atipiche.

Esempio è la forma di DAC causata dallo smalto per le unghie, in cui le lesioni si presentano al collo e alle palpebre (sedi di grattamento) e non alle unghie essendo la lamina ungueale impermeabile all’allergene. Nella DAC le lesioni sono “sincrone” (eritema, edema e vescicolazione insorgono in contemporanea nella stessa chiazza).

Le manifestazioni cliniche possono presentarsi in forma acuta, subacuta o cronica, anche se le varie fasi possono sovrapporsi. In fase acuta si presenta avremo eritema, edema e vescicole. In fase subacuta si evidenziano formazioni crostose con desquamazione.
Le forme croniche presentano placche infiltrate e ispessimento della pelle, talora con aspetti fissurativi fino al sanguinamento (4).

Il nichel è il più frequente sensibilizzante (positività media ai Patch test del 18%), seguito da profumi, cobalto, potassio bicromato. Il sintomo principale è il prurito7. Spesso può coesistere una sovrapposizione batterica (soprattutto per intenso grattamento).

La diagnosi della DC si avvale della storia clinica riferita dal paziente, dell’osservazione della pelle e dei test allergologici (5,6).
E’ fondamentale valutare il contatto con possibili allergeni sia in ambito domestico che professionale. Pertanto si indagherà su professione svolta, attività casalinghe, hobbies, sport, uso di profumi, detergenti, tinture, creme, farmaci, indumenti, calzature.

I Patch test rappresentano ad oggi il mezzo diagnostico più diretto e più pratico. Gli allergeni ad opportuna concentrazione vengono applicati attraverso un apparato testante di cerotti sulla parte superiore del dorso e lasciati in sede per 48 ore. La lettura viene effettuata dopo ulteriori 24-48 ore e viene assegnato un punteggio da 0 a ++++ in base all’intensità della reazione cutanea (7).

Sono noti più di 3.000 allergeni per contatto, ma i test più utilizzati comprendono una serie fissa stabilita dalla SIDAPA (Società Italiana di Dermatologia Allergologica Professionale e Ambientale), modificabile con allergeni specifici a seconda del sospetto diagnostico (pannello ortopedico, casalinghe, parrucchieri) (7).

I Patch test non si eseguono quando la dermatite è diffusa o in fase acuta e vanno rinviati in corso di terapia immunosoppressiva e/o steroidea (anche topica).

La prima misura terapeutica da porre in atto è la prevenzione tramite allontanamento dell’agente causale ed eventuale utilizzo di presidi protettivi (guanti, creme barriera) (6,7).

Nella gran maggioranza dei casi la terapia è solo locale e si avvale, specie nella DAC, dell’impiego dei corticosteroidi diversi in rapporto alle fasi della sintomatologia (creme e gel per quelle acute, creme idrofobe e unguenti per quelle subacute e croniche) e a varia potenza. Di norma non vengono utilizzati per più di 5-7 giorni. Se sono presenti segni clinici di sovrapposizione batterica, legata soprattutto al grattamento, può essere indicato l’utilizzo di antibiotici. La terapia generale trova indicazione solo nei casi molto estesi e pruriginosi (7).

 

Bibliografia

1. Yan Li et al. Contact dermatitis: classifications and management. Clin Rev Allergy Immunol 2021; 61: 245- 281
2. Lichtman G, Nair PA, Atwater AR et al. Contact dermatitis.
3. Ale IS, Maibacht HA. Diagnostic approach in allergic and irritant contact dermatitis. Expert Rev Clin Immunol 2010; 6: 291-310

4. Gober MD, Gaspari AA. Allergic contact dermatitis. Curr Dir Autoimmun 2008; 10: 1-26
5. Hollins LC et al. Occupational contact dermatitis: evaluation and management considerations. Dermatol Clin 2020; 38: 329-338
6. Usatine RP et al. Diagnosis and management of contact dermatitis. Am Fam Physician 2010 Aug 1; 82 (3): 249-255
7. Linee Guida e raccomandazioni SIDeMaST

L’angioedema ereditario da deficit di C1-inibitore è una malattia rara (prevalenza 1/50000). È causata da mutazioni del gene per il C1-inibitore (C1-INH), una proteina presente nel circolo sanguigno coinvolta nella risposta alle infezioni, nella guarigione delle ferite e nella coagulazione.

Esistono due tipi di angioedema ereditario da deficit di C1-inibitore. Nel tipo I, più frequente, vi è una ridotta quantità della proteina, nel tipo II sono presenti livelli normali di C1-inibitore che però non funziona. Si trasmette dai genitori malati ai figli (50% di probabilità), ma vi sono anche dei casi di nuove mutazioni cioè di pazienti che non hanno genitori affetti.

La malattia si manifesta con episodi ripetuti di gonfiore localizzato (edema) del sottocute o delle mucose, non pruriginoso che dura dai 2 ai 5 giorni. Le sedi più spesso interessate sono il volto, le mani o i piedi, i genitali, il tratto gastrointestinale e, meno frequentemente, le alte vie respiratorie.

La gravità della patologia è molto variabile da paziente a paziente; vi sono casi asintomatici e forme gravi con attacchi frequenti, disabilitanti e potenzialmente mortali (se coinvolgono le vie respiratorie) causa di notevoli ripercussioni sulla qualità di vita dei pazienti. Nella maggior parte dei casi i primi sintomi si manifestano entro i 20 anni.

Gli attacchi di angioedema addominale, sono di solito molto dolorosi, spesso confusi con altre patologie (gastrite, colon irritabile, dismenorrea, ecc.) e i pazienti talora sottoposti a procedure chirurgiche non necessarie tra cui, in particolare, l’appendicectomia.

La manifestazione in assoluto più grave, sebbene rara, è l’edema laringeo o orofaringeo (lingua, ugola) poiché, se non trattato subito, può provocare la morte per asfissia.

L’angioedema ereditario deve essere sospettato nei pazienti che presentano episodi ricorrenti di gonfiore senza orticaria (pomfi, cute arrossata o prurito), della durata superiore a 12-24 ore che non risponde alla terapia con antistaminici e cortisonici, soprattutto in presenza di familiari con sintomatologia simile. Il sospetto deve essere confermato con esami di laboratorio.

Si utilizza, come primo test, il dosaggio del C4 una proteina che risulta diminuita, praticamente in tutti i pazienti (98-99%). La diagnosi è confermata dal dosaggio del C1-inibitore che risulta ridotto. In una minoranza di pazienti con C4 ridotto e livelli normali di C1-INH, è necessario misurare l’attività della proteina (dosaggio funzionale del C1-inibitore). Questo esame richiede una particolare conservazione del prelievo e viene eseguito in laboratori specializzati. Uno screening della patologia è indicato in tutti i familiari di un soggetto affetto anche se asintomatici. Il dosaggio del C1-inibitore è molto utile per confermare o escludere l’angioedema ereditario anche nel primo anno di vita pertanto va sempre eseguito nei figli di genitori affetti.

La diagnosi differenziale è con l’angioedema allergico (es. da farmaci, alimenti) in cui sono presenti anche pomfi pruriginosi (orticaria/angioedema) e con il gonfiore persistente del volto o delle mucose (labbra, gengive) su base infiammatoria (es. granulomatosi oro-facciale).

L’obiettivo del trattamento dell’angioedema ereditario è evitare la mortalità e prevenire o risolvere, prima possibile, gli attacchi acuti di angioedema.

Questo angioedema non risponde ad antistaminici, cortisonici e adrenalina. I pazienti devono essere seguiti presso un centro di riferimento.  La terapia prevede farmaci degli attacchi acuti e per la loro prevenzione. Per prevenire gli attacchi acuti di angioedema bisogna cercare di identificare fattori scatenanti rappresentati da infezioni (es. cavo orale, tratto gastrointestinale e respiratorio), traumi, stress emotivi ed alcuni farmaci (es. ACE inibitori, estrogeni). Tutti i pazienti dovrebbero avere a disposizione un farmaco efficace nel risolvere gli attacchi acuti di angioedema da assumere ai primi sintomi per fermare la progressione dell’attacco.

Ad oggi le possibilità di terapia per questa patologia si sono arricchite di diversi farmaci molto efficaci somministrabili per via endovenosa o sottocutanea anche dal paziente stesso dopo addestramento.

Una terapia continuativa deve essere considerata in tutti i casi in cui il paziente ha un elevato numero/severità/durata degli attacchi con impedimento delle proprie attività quotidiane.

Alcune procedure medico-chirurgiche quali intubazioni, endoscopie, procedure ginecologiche sono a rischio di scatenare un attacco di angioedema così come le situazioni stressanti (es. esami, eventi negativi familiari, viaggi ecc). Per evitare questa eventualità vi sono dei trattamenti che si somministrano prima della procedura e, in alcune circostanze, vengono proseguiti alcuni giorni dopo. Inoltre è necessario che tutti i pazienti abbiano a disposizione, dopo un intervento chirurgico, due dosi di un trattamento per attacchi acuti.

È fondamentale aumentare la conoscenza di questa malattia che per le sue caratteristiche (ereditarietà, imprevedibilità degli attacchi, deformazione fisica, dolore e invalidità fino al rischio di morte) provoca un impatto molto negativo sulla vita dei pazienti affetti e dei loro familiari. Inoltre la sua scarsa conoscenza, anche tra gli operatori sanitari, comporta spesso un ritardo nella diagnosi e dunque nell’inizio di cure adeguate volte a migliorare la qualità di vita dei pazienti.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Zuraw B. Hereditary angioedema. N Engl J Med 2008;359:1027-36.
  2. Zanichelli A, Magerl M, Longhurst H, et al. Hereditary angioedema with C1 inhibitor deficiency: Delay in diagnosis in Europe. Allergy Asthma Clin Immunol 9:29, 2013.
  3. Cicardi M, et al. Classification, diagnosis, and approach to treatment for angioedema: consensus report from the Hereditary Angioedema International Working Group. Allergy 2014;69:602-16.
  4. Cicardi M, Bork K, Caballero T, Craig T, Li HH, Longhurst H et al. Evidence-based recommendations for the therapeutic management of angioedema owing to hereditary C1 inhibitor deficiency: consensus report of an International Working Group. Allergy 2012;67:147–157.
  5. Betschel S., et al. Canadian hereditary angioedema guideline, Allergy Clin Immunology 2014, 10:50
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  7. Longhurst HJ, Farkas H, Craig T et al. HAE international home therapy consensus document. Allergy Asthma Clin Immunol 2010; 6:22.
  8. Lumry W, Castaldo A, Vernon M, Blaustein M, Wilson D, Horn P. The humanistic burden of hereditary angioedema: impact on health-related quality of life, productivity, and depression. Allergy Asthma Proc 2010;31:407-14.
  9. Caballero T, et al. The humanistic burden of hereditary angioedema: results from Burden of Illness Study in Europe. Allergy Asthma Proc 2014;35:47-53.

 

Da oggi, in Italia, è disponibile il  lanadelumab, un nuovo farmaco indicato per la prevenzione degli attacchi ricorrenti nei pazienti affetti da  angioedema ereditario.

L’angioedema ereditario è una malattia genetica rara che si stima colpisca da 1 su 8.000 a 1 su 50.000 individui in tutto il mondo. A causare la patologia è la carenza o il malfunzionamento dell’inibitore di C1 esterasi (C1-INH), una proteina normalmente coinvolta nella regolazione del sistema immunitario e nei meccanismi della coagulazione del sangue. Il deficit di C1-INH determina un innalzamento dei livelli di un’altra proteina, la bradichinina, la cui eccessiva concentrazione è responsabile dei tipici segni dell’angioedema: infiammazione, gonfiore, arrossamento, calore e dolore. I gonfiori possono manifestarsi in diverse parti del corpo. Le sedi  più colpite sono  la cute delle estremità, lo stomaco e l’intestino ( con nausea, vomito, dolori addominali che possono simulare un quadro di appendicite acuta) e il  laringe ( con  grave  senso di soffocamento) . L’angioedema tende a ricomparire spesso in seguito a traumi fisici ( come anche solo interventi dal dentista)  a fattori ormonali ( gravidanza , menopausa), all’uso di farmaci ( pillola anticoncezionale, ACE inibitori) ad  infezioni( rinosinusiti o laringotracheiti). La malattia si manifesta gia’ nei primi 10 anni di vita e peggiora dopo la pubertà.

Gli attacchi di angioedema ereditario sono imprevedibili, improvvisi, particolarmente invalidanti e potenzialmente mortali.

Nonostante la severità di questa patologia, il numero di farmaci specifici è stato tuttavia a lungo molto limitato specie per i trattamenti di profilassi.

Da oggi, in Italia, è disponibile il farmaco lanadelumab, primo anticorpo monoclonale umano, con somministrazione sottocutanea due volte al mese, indicato per la prevenzione degli attacchi ricorrenti nei pazienti con angioedema ereditario.  Lanadelumab è una terapia che agisce in maniera preventiva, riducendo  il rischio di attacchi  inibendo indirettamente la produzione di bradichinina.  Il farmaco ha mostrato una riduzione media dell’87% nel numero di episodi mensili e sul fronte della qualità di vita, i soggetti trattati hanno dimostrato  un miglioramento in termini di minor affaticamento, paura, vergogna.

La somministrazione di lanadelumab avviene ogni due settimane con un’iniezione sottocutanea che il paziente può imparare a somministrarsi da solo. La dose iniziale di partenza è  ogni 2 settimane ma se la terapia è efficace si può passare alla somministrazione ogni 4 settimane. L’efficacia del farmaco nel prevenire le recidive implica che il paziente si senta libero dalla malattia sia dal punto di vista fisico e psicologico. Inoltre, la terapia è gestibile da parte del paziente stesso, dopo aver effettuato un training presso il centro di riferimento, senza il ricorso a aiuti né ad un accesso ospedaliero. Questo ha implicazioni sia in termini di costi sanitari, sia dal punto di vista di perdita di giornate lavorative o scolastiche.

Tale farmaco deve  però essere prescritto da centri specializzati che si occupano di questa patologia rara  ( 21 centri in Italia) laddove vi sia la possibilità di ricevere una diagnosi precisa, la prescrizione dei farmaci specifici e il monitoraggio della malattia. Tutti i dati vengono conservati in un registro nazionale e riferiti a una banca dati mondiale: vista la rarità della malattia, solo così si potranno avere maggiori dati sull’efficacia di questo nuovo trattamento

L’allergia al veleno di imenotteri, sebbene tuttora sottostimata dal punto di vista epidemiologico, rappresenta un’importante causa di morbilità e mortalità in tutto il mondo, e anche in Italia. La prevenzione di future reazioni allergiche in pazienti che hanno sviluppato una reazione sistemica si realizza attraverso una corretta gestione del paziente in emergenza e la successiva consulenza allergologica per la diagnosi, la prescrizione di adrenalina autoiniettabile e, laddove indicato, dell’immunoterapia specifica con veleno di imenotteri (venom immunotherapy, VIT). Anche i più recenti  studi epidemiologici se da un lato evidenziano la scarsa conoscenza di questa patologia e la frequentissima inadeguatezza della sua gestione, dall’altro rimarcano l’importanza di disporre di un trattamento salva-vita, quale l’immunoterapia specifica.

 L’obiettivo principale di questo Consensus è quello di riportare le evidenze scientifiche correlate alla diagnosi, terapia e gestione dei pazienti allergici al veleno di imenotteri, per favorire la buona pratica clinica e migliorare le conoscenze su questa patologia anche in ambito non strettamente medico.

 Il documento gode dell’egida SIAAIC (che ha contribuito alla stesura assieme ad altre società scientifiche, tra le quali AAIITO e SIAIP) ed è disponibile al download in formato digitale PDF cliccando sul link successivo.

 

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